Congresso regionale Asmar – Croi
L’ARTRITE REUMATOIDE NON È PIÙ DEFORMANTE
Diagnosi precoce e nuovi farmaci la soluzione
Fino a qualche anno fa veniva chiamata “deformante” per l’alto grado di invalidità che provocava nelle persone che ne erano affette. Oggi la ricerca ha fatto passi da gigante e l‘artrite reumatoide non dovrebbe più far paura. Il condizionale è d’obbligo perché la condizione necessaria per contrastare la malattia e arrestarne l’evoluzione invalidante è che sia diagnosticata entro sei mesi dalla comparsa dei primi sintomi e trattata con le terapie più adeguate, come indicato dalle linee-guida internazionali, e nei casi prescritti con i farmaci biologici che sono la nuova frontiera nella lotta a questo tipo di patologia.
“In Sardegna queste condizioni sono appannaggio del futuro, per questo abbiamo chiamato il congresso Artrite reumatoide viaggio nel futuro” dichiara il presidente dell’Asmar Ivo Picciau, che aggiunge “Il sistema assistenziale reumatologico nella nostra
Isola attualmente non è in grado di garantire a tutti i pazienti una diagnosi precoce e terapie adeguate. Ciò comporta che tanti pazienti sono costretti a subire una disabilità, con le note implicazioni sociali che ne derivano, che poteva essere evitata”.
La Conferenza regionale Asmar (Associazione sarda malati reumatici) – Croi (Collegio reumatologi ospedalieri) che si è svolta sabato 6 novembre a Cagliari in viale Merello 57 (sede della Croce Rossa), ha quindi come parola chiave “Futuro” che diventa
auspicio, appello e istanza affinché anche in Sardegna si realizzino al più presto condizioni assistenziali che consentano ai pazienti affetti da artrite reumatoide di potersi curare efficacemente come già da tempo avviene in altre parti della Penisola.
“Un altro problema è l’assenza della reumatologia pediatrica, – afferma Marta Cocco di anni 25, responsabile della sezione Asmar della provincia di Oristano – ho l’artrite reumatoide da quando avevo un anno, per curarmi ho dovuto trascorrere gran parte della mia vita viaggiando tra Oristano, Milano e la Germania con enormi sacrifici per me e per la mia famiglia. La mia giovinezza l’ho trascorsa in ospedali lontani da casa: quando avevo 5 anni sono stata ricoverata 5 volte in un anno e tra il 2009 e l’inizio di quest’anno ho subito, sempre a Milano, una serie di interventi protesici ad entrambe le anche e le ginocchia ormai compromesse dall’evoluzione della malattia. Ora, con l’ausilio di una stampella ho realizzato il mio sogno: riprendere a camminare in maniera autonoma.”
“Ripetiamo da anni che la rete assistenziale reumatologica in Sardegna è palesemente insufficiente e poco razionale” dichiara Roberto Murgia, referente regionale del Croi, che aggiunge “dovrebbe essere pensata una strutturazione in tre livelli con la codifica di protocolli ambulatoriali di screening e di follow-up da applicare sul territorio, orientati verso la diagnosi precoce e la congruità dei percorsi diagnostico-terapeutici, in collegamento con la Medicina Generale, un secondo livello ospedaliero specificatamente reumatologico che al momento non esiste e un terzo livello universitario con caratteristiche di alta specializzazione e ricerca, nonché dotati di “ambulatori speciali” per patologie particolarmente delicate. Andrebbe implementata l’integrazione fra i tre livelli, cioè fra servizi centrali e network territoriale, allo scopo di colmare al più presto il gap esistente”.
Da un’indagine che il Censis ha realizzato nel 2008 sui malati di artrite reumatoide risulta che: il 42,9 % ha dovuto interrompere tutte le attività extra lavorative; il 28,2 % sente di essere un peso per gli altri; per il 26,7 % la malattia ha avuto un impatto negativo sulla vita sessuale; per il 16,2 la malattia ha avuto un impatto negativo sulla relazione di coppia o ha interrotto una relazione affettiva; il 9,1 % ha rinunciato al desiderio di maternità/paternità; il 26,4 non riesce a di guidare la macchina o a usare i trasporti pubblici; 7 malati su 10 hanno problemi a lavarsi e vestirsi, a portare la borsa, ad aprire un rubinetto o avvitare una moka.
Sofferenze evitabili se solo la malattia fosse diagnosticata in fretta e curata subito con le terapie più avanzate che riescono a bloccarne la progressione.
“Le diagnosi sono effettuate con notevole ritardo perché esistono lunghe liste d’attesa, – aggiunge la dott.ssa Mariangela Pusceddu, reumatologa della Asl n. 7 – nel Sulcis iglesiente bisogna aspettare 9 mesi per una visita e l’assenza di una struttura reumatologica organizzata crea notevoli disagi ai circa mille pazienti affetti da patologica cronica infiammatoria che seguo, purtroppo, in completa solitudine. Essi infatti necessitano di frequenti visite periodiche e quando, per un qualsiasi imprevisto, sono costretta ad assentarmi sono lasciati allo sbaraglio”
Nell’incontro medici e malati discuteranno di assistenza, di terapie tradizionali e biologiche, di patologie associate, degli effetti collaterali dei farmaci, di riabilitazione e dei diritti del malato.
Saranno presenti anche specialisti ed esperti di altre materie, i quali spiegheranno come risolvere i problemi del quotidiano che si presentano con la condizione di malato cronico.