Dopo circa cinquant’anni, è arrivata finalmente l’approvazione di un nuovo farmaco contro il lupus eritematoso sistemico (LES). Si tratta di una malattia autoimmune che si manifesta principalmente fra i 15 e i 45 anni e colpisce nel 90 per cento dei casi i soggetti femmina.
La sintomatologia può comprendere spossatezza estrema, gonfiore e dolore articolare, febbre idiopatica, eruzioni cutanee e disturbi renali. Il lupus può causare artrite, insufficienza renale, infiammazione cardiaca e polmonare, anomalie a carico del sistema nervoso centrale, infiammazione dei vasi sanguigni e disturbi ematici.
Ora la risposta della comunità scientifica si affida al belimumab, farmaco nato dalla collaborazione fra Human Genome Sciences (HGS) e GlaxoSmithKline (GSK) che aveva raggiunto, alla fine del 2009, la fase finale dello studio BLISS-76, la seconda di due importanti sperimentazioni di Fase 3 su pazienti con sieropositività per il lupus eritematoso sistemico.
Andrea Doria, docente di reumatologia all’Università di Padova, in occasione della conferenza di lancio di belimumab organizzata da GlaxoSmithKline, spiega: “la sua prerogativa è di inibire l’attività biologica di BLyS, una proteina naturale necessaria per la sopravvivenza dei B-linfociti e la loro trasformazione in plasmacellule mature che, nel Les, sono dirette contro i tessuti dell’organismo stesso. La terapia standard per quanto valida, presenta dei limiti in particolare nei pazienti con malattia cronica attiva persistente nonostante la terapia standard, nei quali si poteva solo aumentare il dosaggio del cortisone. Belimumab aggiunto alla terapia standard riduce l’attività della malattia migliorando la prognosi nel lungo termine e permettendo di ridurre il dosaggio cortisonico”.
Belimumab è un anticorpo monoclonale umano che riconosce e inibisce in maniera mirata l’attività biologica dello stimolatore dei linfociti B, una proteina naturale necessaria per lo sviluppo dei linfociti B in linfociti B plasmatici maturi. I linfociti B plasmatici producono anticorpi, ovvero la prima linea di difesa dell’organismo contro le infezioni. Si ritiene che nel lupus e in talune altre malattie autoimmuni gli elevati livelli di questa proteina contribuiscano alla produzione di autoanticorpi, ossia anticorpi che attaccano e distruggono i tessuti sani dell’organismo stesso. La presenza di autoanticorpi sembra essere correlata alla gravità della malattia. Studi preclinici e clinici suggeriscono che belimumab è in grado di ridurre i livelli di autoanticorpi nel LES.
Belimumab ha raggiunto l’endpoint primario in entrambe le due principali sperimentazioni di Fase 3, conformemente a quanto specificato dall’accordo di valutazione speciale del protocollo stipulato con l’ente statunitense preposto al controllo dei farmaci e degli alimenti (Food and Drug Administration, FDA).
Finora la maggior parte degli studi randomizzati controllati condotti sui pazienti con lupus eritematoso sistemico sono falliti perché il lupus è una malattia molto difficile da studiare e i protocolli utilizzati finora non si sono rivelati adatti. Questo traguardo rappresenta un significativo passo avanti poiché il belimumab può essere davvero molto utile ai pazienti, soprattutto se consideriamo che da oltre 50 anni non sono stati approvati nuovi farmaci o trattamenti per questa complessa malattia. La sopravvivenza a breve e medio termine è decisamente migliorata, mentre a lungo termine la prognosi rimane ancora “cattiva”. La terapia di cui disponiamo oggi a base di cortisone e immunosoppressori è efficace, ma questi farmaci hanno numerosi effetti collaterali che nel breve termine possono peggiorare la qualità di vita dei pazienti e a lungo termine possono causare complicanze gravi, come arteriosclerosi accelerata, infezioni e osteoporosi. L’introduzione di belimumab permetterà di controllare meglio la malattia e di ridurre l’uso di questi farmaci. Ciò rappresenterà un passo avanti nel miglioramento della qualità di vita e dellaaspettativa di vita dei pazienti.(fonte. Italia salute).