A cura della Dott.ssa Catia Anedda
Medico Reumatologo
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MALATTIA DI BEHÇET
La malattia di Behçet è una vasculite che colpisce più frequentemente il sesso maschile intorno ai 20-30 anni. È più diffusa in alcune aree geografiche come la Turchia e il Giappone.
La causa di tale malattia non è nota anche se numerosi virus, batteri o sostanze alimentari sembrerebbero in grado di scatenarla attraverso meccanismi immunologici (interagendo cioè con il sistema immunitario).
I danni più importanti si riscontrano a carico dei piccoli vasi (arterie e vene di piccolo calibro) nelle pareti dei quali ritroviamo delle cellule infiammatorie (globuli bianchi come linfociti e monociti) e delle zone di necrosi.
Sintomi
Generalmente la malattia esordisce con ulcere ricorrenti del cavo orale e dei genitali associate ad interessamento oculare come iridociclite cioè l’infiammazione dell’iride e del corpo ciliare (strutture che costituiscono l’occhio), cheratite (lesioni della cornea), cataratta (lesioni del cristallino), glaucoma (ipertensione oculare).
In una minoranza di casi (10-25%) possono esservi delle manifestazioni neurologiche quali meningiti, paralisi dei nervi cranici, ipertensione cerebrale. In oltre la metà dei casi si ha un coinvolgimento articolare con comparsa di artralgie (dolori a carico delle articolazioni) o di vere e proprie artriti (articolazioni dolenti, gonfie, rosse e calde); in genere il numero di articolazioni coinvolte è basso e vengono interessate soprattutto le articolazioni degli arti inferiori (ginocchia, caviglie).
Può esserci anche un coinvolgimento dell’apparato gastroenterico con comparsa di vomito, dolore addominale e diarrea.
Diagnosi
La diagnosi è fondamentalmente basata sulla clinica (sintomi e visita del paziente) e sulle alterazioni caratteristiche presenti negli esami del sangue come: aumento di VES e PCR e degli immunocomplessi.
Terapia
I farmaci maggiormente usati in questa malattia sono i corticosteroidi a dosi molto variabili in rapporto alla gravità e all’estensione della vasculite. I farmaci immunosoppressori, come la ciclosporina A o l’azatioprina devono essere somministrati quanto prima per evitare le complicanze. Può essere utilizzata anche la colchicina.
Criteri diagnostici
- Ulcere (afte) orali ricorrenti
- Ulcere genitali
- Uveite anteriore e/o posteriore (interessamento oculare)
- Infiammazione cutanea (pseudo-follicolite, lesioni papulo-pustolose o acneiformi)
- Pathergy test* o vasculite cerebrale o flebite
* Il pathergy test: consiste nel pungere con un ago sterile una zona di cute integra (generalmente avambraccio) facendo penetrare l’ago per circa 5mm; il test viene considerato positivo se compaiono, nella zona di puntura, papule eritematose di dimensioni superiori a 2mm. La lettura viene eseguita a 48 ore di distanza.
Per poter porre diagnosi di malattia di Behçet deve essere obbligatoriamente presente il primo criterio (afte orali) e almeno due degli altri quattro criteri.
ARTERITE DI TAKAYASU
L’arterite di Takayasu, detta anche malattia senza polsi, è una vasculite cronica granulomatosa che colpisce più spesso l’aorta e i suoi rami principali, interessando la parete del vaso in tutto il suo spessore. Colpisce prevalentemente il sesso femminile (rapporto femmine: maschi = 8:1) soprattutto nell’età compresa tra i 15 e i 40 anni. Nonostante ci siano dei dati su una maggiore incidenza della malattia in Giappone e nel sud-est asiatico rispetto all’Europa, l’esatta frequenza non è nota a causa della rarità della malattia stessa e della difficoltà nella diagnosi.
La causa della malattia è sconosciuta. Nelle fasi iniziali il processo infiammatorio è caratterizzato dalla presenza, nelle parte esterna della parete dei vasi arteriosi, di lesioni granulomatose costituite da infiltrati di cellule infiammatorie (soprattutto globuli bianchi come i linfociti, i monociti e i polimorfonucleati); nelle fasi più avanzate invece tale infiltrato è poco rappresentato ma le cellule infiammatorie viste sopra, producendo alcune sostanze chiamate fattori di crescita, stimolano la iperplasia della parete dei vasi, cioè un loro aumento di spessore, con conseguenti restringimenti e impedimento a un normale flusso di sangue negli stessi vasi.
Sintomi
All’esordio della malattia sono presenti solamente dei sintomi non specifici come dolori muscolari e articolari, febbre, dimagramento. Quando invece la malattia è più avanzata i sintomi sono in rapporto alla localizzazione del processo infiammatorio e dipendono dall’insufficienza vascolare del tratto di vaso interessato, cioè a una ridotta capacità dell’arteria di condurre il sangue; ci saranno perciò una ridotta forza muscolare, una assenza o ridotta ampiezza del polso radiale a uno o entrambi gli arti superiori (riduzione della forza di pulsazione delle arterie interessate), disturbi ischemici alle dita delle mani (minore flusso di sangue alle mani con pallore degli arti, eccetera), sincope (perdita di coscienza), convulsioni, ischemia cerebrale (episodi cioè causati dal ridotto flusso ematico cerebrale), disturbi visivi, angina pectoris (dolore improvviso al petto), ipertensione arteriosa.
Diagnosi
La diagnosi è quindi soprattutto clinica, mentre le alterazioni delle analisi ematochimiche riguardano fondamentalmente un aumento degli indici di infiammazione (VES, PCR) e dei globuli bianchi, principalmente i neutrofili, un’anemia, un’ipergammaglobulinemia. Per quanto riguarda gli esami strumentali l’angiografia è sicuramente quello di maggiore importanza, poiché mostra a carico dei tratti colpiti i classici restringimenti (stenosi) o più raramente le dilatazioni (formazioni aneurismatiche); possono risultare utili anche l’ecografia, la TC e la RM.
Terapia
I farmaci cortisonici a dosaggio medio-alto sono nella maggior parte dei casi in grado di arrestare il processo vasculitico. Tra i farmaci di fondo viene utilizzato con successo il methotrexate (in genere associato ai cortisonici), mentre la ciclofosfamide viene usata nei casi in cui non vi è risposta allo steroide. Attualmente si sta valutando la risposta ai nuovi farmaci biologici anti-TNF.
Criteri classificativi ACR (1990)
- Età di esordio inferiore ai 40 anni
- Claudicatio delle estremità soprattutto superiori
- Ridotta pulsatilità delle arterie brachiali
- Differenza della pressione arteriosa sistolica tra le due braccia >10mmHg
- Soffi vascolari a livello di arterie succlavie o aorta addominale
- Alterazioni radiografiche (restringimenti o occlusioni dell’aorta o dei suoi rami principali)
Per poter porre diagnosi di arterite di Takayasu devono essere presenti almeno 3 di questi criteri.
Criteri di Scharma (1996)
- Criteri maggiori
- Lesioni caratteristiche a livello dell’arteria succlavia sinistra
- Lesioni caratteristiche a livello dell’arteria succlavia destra
- Segni e sintomi devono essere presenti da almeno un mese
- Criteri minori
- Aumento della VES
- Ipertensione arteriosa
- Insufficienza aortica
- Lesioni all’arteria polmonare
- Lesioni alla carotide comune sinistra
- Lesioni all’aorta addominale
- Lesioni ai tronchi brachiocefalici o all’aorta toracica discendente
- Lesioni alle arterie coronarie
POLIMIOSITE-DERMATOMIOSITE
La polimiosite è una malattia infiammatoria cronica dei muscoli dovuta a cause ancora sconosciute.
Questa malattia viene classificata tra le malattie infiammatorie dei connettivi o connettiviti (il muscolo, infatti, è un tessuto connettivo), è più frequente nel sesso femminile e colpisce l’età giovane adulta. L’ipotesi che riceve maggiori consensi riguardo alla causa della malattia è quella che sostiene che in individui portatori di alcuni particolari geni (soggetti geneticamente predisposti) venga provocata una reazione autoimmunitaria con danno muscolare (cioè gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario del soggetto si rivolgono contro alcuni tessuti o organi del soggetto stesso, in questo caso i muscoli). Tutto ciò sarebbe scatenato dal contatto con agenti infettivi (soprattutto virus che provocano sintomi muscolari come i virus Coxsackie, gli echovirus, i virus dell’influenza, dell’epatite B, dell’herpes, della rosolia, etc.).
A livello dei muscoli ritroviamo aggregati di cellule infiammatorie (globuli bianchi come linfociti T e B) che a poco a poco provocano la distruzione di alcune parti del muscolo stesso.
La polimiosite si associa spesso a lesioni cutanee, si parla allora di polimiosite-dermatomiosite.
Sintomi
Il sintomo principale della polimiosite è la debolezza muscolare che si manifesta soprattutto a carico delle spalle, delle braccia e delle gambe. Il malato riferisce di provare fatica a eseguire alcuni movimenti molto semplici come accavallare le gambe, salire le scale, pettinarsi o appendere gli abiti. In seguito (dopo molto tempo, poiché la progressione della malattia è lenta), la debolezza muscolare diviene più importante e può coinvolgere anche altri muscoli (tranne i muscoli che ci permettono di muovere gli occhi, che in questa malattia non vengono mai interessati!). Per quanto riguarda la dermatomiosite invece il quadro clinico è dominato dalle manifestazioni cutanee: caratteristico è il cosiddetto rash eliotropo (colorazione violacea delle palpebre superiori associata a gonfiore delle stesse); possiamo poi ritrovare le papule di Gottron (placche rossastre o violacee presenti a livello delle sporgenze ossee quali nocche delle dita, ginocchia, gomiti) e, soprattutto nell’infanzia, manifestazioni vasculitiche e la cosiddetta calcinosi cutanea (depositi calcifici localizzati soprattutto nelle fasce che ricoprono i muscoli degli arti e che causano indurimenti palpabili della cute la quale può anche ulcerarsi).
Abbiamo poi tutta una serie di altri sintomi elencati di seguito.
I dolori articolari (artralgie) possono essere presenti nei periodi di attività della malattia ma le artriti (infiammazione delle articolazioni che si presentano gonfie, rosse e calde) sono rare.
La difficoltà a deglutire (disfagia) può essere presente se c’è un coinvolgimento dei muscoli della deglutizione o di una parte dell’esofago stesso (la porzione più alta di questo).
Si può verificare infine, anche se raramente, un coinvolgimento di alcuni organi come: polmone, cuore, rene. Se viene interessato il polmone il malato può avere tosse, difficoltà a respirare e talvolta dolore al torace (coinvolgimento dei muscoli interessati nella respirazione!); il coinvolgimento cardiaco può essere messo in evidenza all’elettrocardiogramma mentre il coinvolgimento renale viene dimostrato dagli esami del sangue e delle urine.
Diagnosi
La diagnosi viene posta grazie a un’attenta visita del malato, nonché agli esami del sangue che mettono in evidenza un aumento degli indici di infiammazione (VES e PCR), segni di danno muscolare (aumento delle CPK, delle LDH, delle AST e delle ALT). Vi è inoltre un aumento della mioglobina e della creatina nel sangue e nelle urine. Le CPK (creatin-fosfochinasi), le LDH (lattico-deidrogenasi), le AST e le ALT sono tutti enzimi muscolari che aumentano nel corso della malattia e in modo particolare nelle fasi di attività della stessa. È quindi importante controllare molto spesso i valori di questi enzimi perché da questi si riesce a valutare anche la risposta alla terapia. Bisogna però precisare che in una certa percentuale di casi (intorno al 30%) il dosaggio delle CPK è normale! La mioglobina è una proteina presente nei muscoli scheletrici e nel muscolo cardiaco; in caso di danno muscolare essa si riversa nel sangue e arriva al rene dove viene filtrata e riassorbita. Quando questa proteina aumenta notevolmente nel sangue, il rene non riesce a riassorbirla e quindi questa passa nelle urine dove può essere messa in evidenza. Lo stesso discorso vale per la creatina, anche se il suo aumento nelle urine può verificarsi anche in altre condizioni diverse dalla polimiosite.
Infine possono essere messi in evidenza nel sangue delle persone affette da questa malattia alcuni anticorpi come l’anti PM-Scl e l’anti Jo-1.
Per quanto riguarda gli esami strumentali risultano molto utili l’elettromiografia e la biopsia muscolare che mettono in evidenza le alterazioni presenti a livello dei muscoli scheletrici.
Terapia
I farmaci che vengono utilizzati più frequentemente in questa malattia sono i corticosteroidi (detti genericamente cortisonici); questi farmaci vengono usati inizialmente ad alte dosi (1 mg per kg), per poi ridurre gradualmente il dosaggio controllando con molta attenzione l’attività della malattia.
Se la malattia non migliora con l’uso dei cortisonici è necessario associare i farmaci immunosoppressori; gli immunosoppressori maggiormente utilizzati sono: il methotrexate, l’azatioprina, la ciclofosfamide e la ciclosporina.
L’attività fisica nelle fasi iniziali deve essere abolita in quanto peggiora il danno muscolare, ma una progressiva ripresa fisica deve essere consigliata una volta ottenuto il miglioramento della forza muscolare.
MALATTIA DI PAGET
Si tratta di una malattia caratterizzata da ingrossamento, deformità e ricca vascolarizzazione delle ossa colpite. Interessa soprattutto il sesso maschile oltre i 40 anni e la sua causa è ancora sconosciuta.
La malattia di Paget può colpire una o più ossa, le sedi più frequenti sono: il bacino, le ossa lunghe degli arti, il cranio e la colonna vertebrale.
Nella fase iniziale della malattia abbiamo un aumento del riassorbimento osseo (fase distruttiva o osteolitica) a cui segue una fase di accelerazione sia della neoformazione sia del riassorbimento dell’osso (fase intermedia) mentre successivamente diventa prevalente la formazione di nuovo osso (fase osteosclerotica o di neo-apposizione ossea).
Sintomi
Il sintomo principale è il dolore osseo. Quando la malattia colpisce il cranio compare cefalea e spesso ipoacusia (riduzione dell’udito a causa della compressione del nervo uditivo dovuta al restringimento del forame uditivo, dove esso passa). Più frequentemente viene colpita la colonna vertebrale e in quel caso compare dolore a livello della colonna che si porta fino agli arti inferiori; nei casi più gravi come complicanza si può avere una compressione del midollo, conseguente alla deformità delle vertebre, che può determinare una paralisi degli arti.
Un’altra complicanza è lo scompenso cardiaco secondario all’ipertensione (quest’ultima dovuta all’aumento della vascolarizzazione ossea), e si verifica quando la malattia interessa più di 1/3 dello scheletro. La particolare fragilità delle ossa può inoltre causare fratture di difficile riparazione; ma la complicanza più temibile è la possibile degenerazione sarcomatosa delle ossa malate (il sarcoma è un tumore maligno delle ossa).
Diagnosi
La radiografia delle ossa colpite offre un quadro caratteristico e diverso a seconda della fase della malattia; nella fase di distruzione compaiono delle zone di rarefazione ossea, nella fase intermedia le aree rarefatte appaiono circondate da tessuto sclerotico e l’osso appare ingrossato. Infine nella fase sclerotica l’osso si presenta aumentato di volume e di densità. Sicuramente l’esame strumentale più preciso per la diagnosi è la scintigrafia ossea; questa metodica infatti documenta perfettamente i fenomeni di accelerato metabolismo osseo che si verifica in questa malattia. Per quanto riguarda gli esami del sangue è caratteristico l’aumento di un enzima osseo: la fosfatasi alcalina ossea.
Terapia
La terapia si avvale dei bisfosfonati, farmaci che riducono il riassorbimento osseo e riportano alla normalità il metabolismo dell’osso stesso.