Stando ad uno studio pubblicato su Arthritis Research & Therapy, nei pazienti affetti da artrite reumatoide, livelli ridotti al basale di PCKS9 (proproteina della convertasi subtilisina/Kexin tipo 9) si associano alla risposta, in termini di risposta DAS28, al trattamento con farmaci anti-TNF. Tra le cause addotte per spiegare questa osservazione vi sarebbe una capacità di PCKS9 di stimolare la produzione di citochine pro-infiammatore dai macrofagi e dai sinoviociti, effetti inibiti dagli anticorpi anti-PCSK9: di qui un possibile ruolo immunologico di questa proteina nell’AR.
Razionale dello studio
“I pazienti con AR si caratterizzano per un innalzamento del rischio di complicanze aterosclerotiche che sono causa di malattia CV, aumento della progressione dell’aterosclerosi e probabile vulnerablità di placca – ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio -. I farmaci biologici potrebbero prevenire la malattia CV, in presenza di AR, migliorando le complicanze aterosclerotiche succitate”. “La proproteina della convertasi subtilisina/Kexin tipo 9 (PCKS9) – continuano – è stata identificata come un nuovo fattore che influenza il metabolismo delle LDL. Secondo un meccanismo identificato, PCSK9 avrebbe come bersaglio il recettore delle LDL, riducendone l’attività; ciò determina un incremento dei livelli di LDL in circolo. E’ per questi motivi, dunque, che l’inibizione di PCSK9 è utilizzata ora per trattare i pazienti affetti da malattia CV”. Sia le statine che l’inibizione di PCSK9 potrebbero avere altri effetti rispetto alla riduzione di LDL, inibendo l’attivazione immunitaria mediata dalle LDL ossidate (OxLDL). Come è noto le OxLDL, insieme alle cellule apoptotiche e alle cellule immunocompetenti attivate, che producono prevalentemente citochine pro-infiammatorie, rappresentano degli elementi chiave della placche aterosclerotiche”. Gli autori di questo studio avevano precedentemente osservato come i livelli di PCSK9 si innalzassero nei pazienti con attività di malattia elevata in presenza di lupus e come le OxLDL inducessero la sintesi di PCSK9 nelle cellule dendritiche, effetti significativamente marcati nelle cellule dendritiche dei pazienti con LES rispetto ai controlli. Di qui l’ipotesi degli autori dell’esistenza di un ruolo immunologico di PCSK9 nel LES. Nel nuovo studio pubblicato si è voluta sondare l’esistenza di effetti immunologi pro-infiammatori di PCSK9 un pazienti affetti da AR e trattati con farmaci anti-TNF.
Disegno e risultati principali
I ricercatori hanno determinato, mediante test ELISA, i livelli iniziali di PCSK9 di 160 pazienti non precedentemente trattati con farmaci biologici. Questi hanno iniziato un trattamento con un farmaco anti-TNF (adalimumab, infliximab o etanercept) e sono stati seguiti per un anno. L’attività di malattia è stata determinata in base al punteggio DAS28.
Sono stati analizzati nei supernatanti cellulari, mediante ELISA, gli effetti di PCSK9 sulla produzione di citochine da parte di macrofagi prelevati da individui sani e da parte dei sinoviociti di pazienti con AR, come pure l’inibizione di questi effetti mediante anticorpi anti-PCSK9. Dall’analisi dei dati sono emersi livelli significativamente ridotti di PCSK9 al basale nei pazienti che avevano raggiunto la remissione ad un anno (punteggio DAS28<2,6) rispetto ai pazienti non in remissione. Dopo 12 mesi di trattamento con farmaci anti-TNF, il punteggio medio DAS28 si era ridotto, pur rimanendo significativamente maggiore nei pazienti del quartile di concentrazione più elevato di PCSK9, sia nell’analisi grezza (p=0,01) che in quella aggiustata per la presenza di fattori confondenti (p=0,004). Da ultimo, i risultati in vitro hanno mostrato che PCSK9 induceva la produzione di TNF-alfa e IL-1 beta nei macrofagi, e la proteina MCP1 nei sinoviociti. Tali effetti erano inibiti dagli anticorpi anti-PCSK9.
Riassumendo
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno sottolineato come gli effetti rilevati negli esperimenti in vitro (induzione di TNF-alfa e IL-1 da parte dei macrofagi e di MCP-1 da parte dei sinoviociti) vengano inibiti da anticorpi diretti contro PCSK9. E’ possible, pertanto, che l’inibizione di PCSK9 possa contribuire al miglioramento dell’infiammazione cronica come nell’AR, soprattutto negli individui che presentano livelli elevati di PCSK9. Di qui la necessità, secondo gli autori dello studio, di approfondire con nuovi lavori questa possibilità.Inoltre, secondo I ricercatori, i risultati dello studio potrebbero anche gettare nuova luce sull’innalzamento del rischio aterosclerotico e di malattia CV descritto nell’AR, come pure sull’infiammazione presente nella placca aterosclerotica. Presi nel complesso, I risultati indicano che PCSK9 potrebbe giocare un ruolo nel predire l’outcome in pazienti con AR e anche che l’inibizione di PCSK9 potrebbe avere un interesse terapeutico anche nell’AR, una possibilità da approfondire in nuovi studi ad hoc.
Fonte: Corriere Nazionale