Sia i pazienti con artrite reumatoide all’esordio (ERA) che gli individui a rischio di insorgenza di malattia presentano una composizione della flora batterica orale pressochè sovrapponibile, con l’inclusione di specie pro-infiammatorie, rispetto ad individui sani (gruppo di controllo). Sono queste le conclusioni di uno studio pubblicato sulla rivista Arthritis and Rheumatology che suggeriscono l’esistenza di una possibile associazione tra il microbioma orale e l’insorgenza di AR.
Razionale e disegno dello studio
Come è noto, l’AR si accompagna spesso a sieropositività anticorpale (ad RF e agli ACPA), che può manifestarsi anni prima della diagnosi clinica di malattia. Alcune osservazioni – argomentano i ricercatori nell’introduzione al lavoro -suggeriscono che l’AR si origina in corrispondenza con siti mucosali, come l’intestino e la mucosa orale. La malattia parodontale, infatti, presenta somiglianze patogenetiche con l’AR, e alcuni studi hanno dimostrato l’esistenza di un’associazione tra la malattia parodontale e l’AR. A tal proposito, P. gingivalis (Pg), una specie batterica associata alla malattia parodontale, per la sua capacità di generare proteine citrullinate, potrebbe fungere da stimolo alla produzione di ACPA, innescando una risposta immunitaria associata all’AR. Va però anche detto che altri studi precedentemente pubblicati sembrano suggerire la necessità di focalizzarsi sul microbioma in toto anziché sulle singole specie batteriche che compongono la flora batterica orale.Dato, quindi, che il microbioma orale potrebbe giocare un ruolo nell’insorgenza di AR e che potrebbe fungere da target per la predizione o la prevenzione di AR, potrebbe rivelarsi molto importante la conoscenza di questi aspetti su pazienti con ERA o individui a rischio di AR.La limitata disponibilità di dati relativi a questi individui ha sollecitato la messa a punto di questo studio, che si è proposto di valutare la composizione della flora batterica orale e lo stato di malattia parodontale in pazienti con ERA o individui a rischio di AR, sia in confronto tra di solo che rispetto ad individui sani (gruppo di controllo).
A tal scopo, i ricercatori hanno reclutato 150 pazienti tra il 2017 e il 2019, raggruppandoli in:
– Pazienti con ERA (in base ai criteri ACR/EULAR 2010)
– Individui a rischio di AR
– Individui non affetti da patologie autoimmuni (gruppo di controllo)
Nel dettaglio, la presenza di ERA era definita da una diagnosi di AR effettuata nel corso dell’anno precedente. Nel gruppo 2, invece, i pazienti mostravano livelli elevati di RF e/o ACPA accoppiati ad artralgia di tipo infiammatorio.Il Centro Accademico di Odontoiatria di Amsterdam, invece, ha reclutato nel gruppo 3 individui i cui dati sono stati incrociati, per età e per sesso, con quelli del gruppo di pazienti ERA e degli individui a rischio di AR.Tutti i partecipanti allo studio hanno completato un questionario medico per escludere la presenza di comorbilità e di altri fattori confondenti, includendo l’assunzione eventuale di antibiotici nei 3 mesi precedenti.Il questionario includeva domande sulle misure generali di igiene orale e sui tempi di effettuazione della pulizia dei denti mediante spazzolamento.
Un dentista ha poi effettuato un esame della bocca e classificato i pazienti in base a 3 parametri:
– BOP (sanguinamento gengivale al sondaggio)
– PPD (profondità al sondaggio della tasca parodontale)
– PISA (area della superficie infiammata parodontale)
Inoltre, è stata condotta una valutazione della placca dentale subgengivale, della saliva e del rivestimento della lingua mediante sequenziamento di DNA ricombinante e messo a confronto i diversi gruppi mediante esame statistico ad hoc (PERMANOVA).Da ultimo, sono stati effettuati prelievi ematici per determinare i livelli di RF e di ACPA (livelli di RF>5 kU/l e/o di ACPA >10 kU/l configuravano una condizione di sieropositività anticorpale. La categorizzazione dei pazienti in base allo stato della parodontosi è stata fatta in base all’indice CPITN (the Community Periodontal Index of Treatment Need).I partecipanti allo studio non mostravano differenze significative in termini di fattori in grado di influenzare il microbioma orale, come l’impiego di antibiotici, il fumo e le abitudini alimentari, come pure l’igiene orale.
Risultati principali
Dall’analisi dei dati non sono emerse differenze relative a BOP (p=0,7), PPD (p=0,3) o PISA (p=0,56) tra i 3 gruppi in studio. Inoltre, anche dall’analisi dei dati relativi agli individui a rischio per la presenza di fattori confondenti, al fine di mettere a confronto i risultai ACPA+ e ACPA-, non sono emerse differenze.L’analisi PERMANOVA, invece, ha evidenziato che i pazienti con ERA e gli individui a rischio di AR mostravano una composizione della flora batterica orale significativamente differente della saliva stimolata (F=0,28; p<0,001) e del rivestimento della lingua (F=0,204, p=0,008) ma non della placca (p=0,51) rispetto al gruppo di controllo.Inoltre, i livelli di Prevotella e Veillonella, specie batteriche pro-infiammatorie, erano più elevati nella saliva e nel rivestimento della lingua dei pazienti con ERA e degli individui a rischio di AR rispetto al gruppo di controllo, a suggerire che la disbiosi del microbioma orale contribuisce all’AR e che esiste un legame tra la flora orale batterica e l’insorgenza di AR.
Riassumendo
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno sottolineato come il loro studio sia stato il primo ad analizzare la composizione del microbioma orale in toto di alcune aree della bocca in individui a rischio di AR.La somiglianza del microbioma orale dei pazienti con ERA con quelli degli individui a rischio di AR sottolinea l’esistenza di un possibile ruolo della disbiosi microbica orale nell’induzione di AR, in modo similare a quanto già dimostrato sul microbioma intestinale.
Fonte: Corriere nazionale