Scienziati nel Regno Unito hanno identificato una proteina che agisce da “interruttore generale” in alcuni globuli bianchi determinando se essi favoriscono o bloccano l’infiammazione. Gli scienziati ritengono che queste scoperte potrebbero aiutare le terapie per varie malattie, come l’artrite reumatoide, che comportano un’eccessiva infiammazione.
Mentre le risposte infiammatorie sono un’importante difesa che il corpo utilizza contro stimoli nocivi come infezioni o danni ai tessuti, in molte malattie un’infiammazione eccessiva può danneggiare il corpo. Chi soffre di artrite reumatoide, ad esempio, deve lottare con articolazioni che diventano gonfie e dolenti. Ma le ragioni del perché ciò accade non sono ben chiare. Il team di ricerca dell’Imperial College London (ICL) nel Regno Unito ha spiegato che le cellule del sistema immunitario …chiamate macrofagi possono sia stimolare l’infiammazione che inibirla, rilasciando dei segnali chimici che alterano il comportamento di altre cellule. Nel loro studio, i ricercatori hanno mostrato che una proteina chiamata IRF5 agisce da interruttore molecolare che controlla se i macrofagi favoriscono o bloccano l’infiammazione. Le loro scoperte suggeriscono che bloccare la produzione di IRF5 nei macrofagi potrebbe essere un modo efficace di trattare un’ampia gamma di malattie autoimmunitarie, come l’artrite reumatoide, la malattia infiammatoria intestinale, il lupus e la sclerosi multipla. I ricercatori hanno spiegato che aumentare i livelli di IRF5 potrebbe aiutare il trattamento delle persone il cui sistema immunitario è compromesso. La dott.ssa Irina Udalova, ricercatrice presso il Kennedy Institute of Rheumatology all’Imperial College, ha detto: “Le malattie possono influire su quali geni vengono accesi o spenti in particolari tipi di cellule. Comprendere come questa accensione viene regolata è fondamentale per progettare strategie mirate per inibire le risposte cellulari indesiderate”. Secondo la dott.ssa Udalova, “i nostri risultati mostrano che la IRF5 è l’interruttore principale in un gruppo chiave di cellule immunitarie, ed è essa che determina il profilo dei geni che vengono accesi in quelle cellule. È una scoperta veramente entusiasmante, poiché significa che se possiamo progettare molecole che interferiscono con la funzione della IRF5, e questo ci potrebbe fornire nuovi trattamenti antinfiammatori per un’ampia gamma di malattie”.Ricercatori dall’ICL hanno già sviluppato terapie anti-TNF (fattore di necrosi tumorale), una categoria di farmaci che è comunemente usata come trattamento per l’artrite reumatoide. I farmaci prendono di mira il TNF, un’importante sostanza chimica per la trasduzione del segnale rilasciata dalle cellule immunitarie per stimolare le risposte infiammatorie. Tuttavia, circa il 30% dei pazienti non reagisce ai farmaci anti-TNF, e vi è quindi una grande necessità di sviluppare terapie con un’efficacia più ampia. Le ricerche sull’associazione tra i geni hanno collegato le variazioni nel gene che codifica la IRF5 con un maggiore rischio di malattie autoimmunitarie. La dott.ssa Udalova ha quindi esaminato anche il ruolo giocato dalla proteina nel controllo dell’infiammazione. Ha utilizzato virus modificati geneticamente per inserire ulteriori copie del gene IRF5 in macrofagi umani cresciuto in laboratorio, facendo sì che le cellule producessero più IRF5. Quando ha compiuto questa operazione su macrofagi con caratteristiche antinfiammatorie, questi sono passati alla promozione dell’infiammazione. L’inibizione della IRF5 nei macrofagi pro-infiammazione, effettuata usando molecole sintetiche, ha ridotto la produzione dei segnali che promuovono l’infiammazione da parte delle cellule. La dottoressa ha anche studiato topi modificati geneticamente che non erano in grado di produrre IRF5. Questi topi producevano livelli più bassi dei segnali chimici che stimolano l’infiammazione. La dott.ssa Udalova ha concluso che la IRF5 sembra funzionare accendendo i geni che stimolano le risposte infiammatorie e indebolendo i geni che le inibiscono. La proteina interagisce direttamente con l’acido deossiribonucleico (DNA) o con altre proteine che controllano quali geni vengono accesi. Il suo team sta ora studiando in che modo la IRF5 funziona a livello molecolare e con quali altre proteine essa interagisce allo scopo di progettare dei modi per bloccarne gli effetti. La ricerca è stata in parte finanziata dall’Unione Europe