La loro ancora di salvezza si chiama Mabthera. Ma quel farmaco, cosiddetto biologico, è a rischio: d’ora in poi potrebbe non essere più disponibile all’ospedale Santa Barbara di Iglesias, unico centro della Asl dove un centinaio di pazienti affetti da gravi patologie immunoreumatiche, è sottoposto alla terapia. È questo l’unico rimedio, attualmente praticato, in grado di contrastare gli effetti devastanti di malattie gravi come l’artrite reumatoide agli ammalati che non hanno benefici con le cure tradizionali.
IL CASO A lanciare l’allarme sono i responsabili dell’Asmar, l’associazione sarda contro le malattie reumatiche e gli stessi pazienti. Marilena Manca, 62 anni, madre di due figli, ha iniziato la sua battaglia contro la malattia nel 1985: «Ho provato di tutto e nulla mi andava bene, posso dire di avere passato l’inferno. Sono rinata quando ho iniziato la cura con il farmaco biologico». Marilena dovrebbe fare il prossimo ciclo a novembre ma le hanno già detto che potrebbe non essere disponibile a causa degli alti costi: «Spero non sia così, non ci voglio neanche pensare perché significherebbe calare di nuovo all’inferno. È assurdo che possano pensare una cosa del genere, mi sento offesa come persona
perché non stiamo parlando di un prodotto di bellezza». Nulla da dire sul servizio e sulla professionalità del personale: «La reumatologa è molto attenta e premurosa e il discorso vale anche per gli infermieri, seppure cambino di volta in volta».
REUMATOLOGIA Questo è l’altro problema con cui devono fare i conti i pazienti affetti da patologie reumatiche: nella Asl non esiste un vero e proprio centro e soltanto la reumatologa di Iglesias (a Carbonia c’è uno specialista ambulatoriale per 10 ore settimanali) è specializzata per praticare la terapia ospedaliera. Da sola segue mille pazienti cronici di tutto il territorio provinciale, di cui un centinaio sotto terapia biologica e 32 infusionale. Il personale infermieristico, di volta in volta, viene spostato da altri reparti: in prestito, insomma.
ASMAR Ivo Picciau, responsabile dell’Asmar, la definisce una situazione assurda: «Abbiamo già sollecitato la direzione della Asl affinché affronti la questione. È necessario che vengano messi a disposizione degli
spazi appositi e si scongiuri il rischio che i pazienti debbano sospendere la terapia». (c. s.)
Fonte: L’Unione Sarda del 29.10.2011