di Mariangela Pusceddu
Dirigente medico specialista in reumatologia
Asl n.7 di Iglesias
Era il 1998 quando attivai l’ambulatorio dì reumatologia dedicando solo una piccola parte della mia attività lavorativa ai pazienti reumatologici. Ero stata assunta anni prima in una divisione dì ortopedia dell’ospedale Cto dì Iglesias, ma non mi fu data mai la possibilità dì attivare un ambulatorio dì reumatologia .
Seguivo alcuni pazienti reumatologici in regime libero professionale.
L’occasione mi fu data quando mi trasferirono in un altro ospedale e in un altro servizio ( medicina sportiva ).
Il mio lavoro come reumatologa iniziò in sordina, nessuna comunicazione ufficiale ai medici della medicina generale, niente dì niente. Io avevo fatto una telefonata ai miei pazienti, che fino ad allora avevo seguito in regime libero professionale, e li avevo avvisati che a partire da allora sarebbero stati visitati nell’ambulatorio dell’ospedale.
L’ospedale in questione era il” fratelli Crobu” situato un po’ fuori dall’abitato dì Iglesias nella strada che porta a Fluminimaggiore. Non era facile raggiungerlo perché la zona non era servita bene dai mezzi pubblici, ma questo non rappresentò un problema peri miei pazienti che mi seguirono con entusiasmo e in breve tempo grazie al loro passa parola il numero dei miei assistiti aumentò in maniera esponenziale.
l’anno successivo, nel novembre del 1999, il direttore sanitario preso atto del numero crescente dì richieste dì visita, decise dì assegnarmi al distretto sanitario dì Iglesias e da allora la mia attività professionale fu interamente dedicata alla reumatologia.
L’ambulatorio era situato nell’area dell’ospedale santa barbara e due giorni della settimana erano dedicati ai paesi dì Fluminimaggiore -Buggerru e Domusnovas-Siliqua. Il lavoro era tanto , ma riuscivo a garantire circa tremila prestazioni all’anno e la lista d’attesa era praticamente inesistente.
Nel 2001 , per andare incontro alle esigenze dei numerosi pazienti provenienti da Carbonia e dal basso Sulcis iniziai a lavorare anche nel poliambulatorio di Carbonia. La territorializzazione consentì una fruibilità maggiore del servizio e anche una più ampia diffusione della cultura reumatologica.
Nel 2005 arrivò l’estensione delle strutture autorizzate all’impiego dei farmaci biologici che fino ad allora era consentita soltanto ai centri universitari. Questo se da una parte evitò ai miei assistiti il calvario della mobilità passiva, dall’altra incrementò il mio carico dì lavoro.
Il numero sempre crescente dì visite e dì impegno lavorativo non fu accompagnato da un aumento dell’organico. Continuai a lavorare sempre da sola: nessun altro reumatologo e nemmeno l’assistenza dì personale dedicato. La lista d’attesa divenne sempre più lunga fino ad arrivare ai nove mesi attuali.
Nel corso dì questi anni sino ad oggi non servirono a nulla le relazioni sull’attività reumatologica e le richieste dì colloqui inviate ai direttori generali susseguiti si nel tempo.
non servirono a nulla nemmeno le numerose proteste dei pazienti arrivate anche ai quotidiani e all’assessorato regionale competente.
A tutt’oggi la situazione e’ immutata.
Probabilmente si e’ aperto uno spiraglio. L’attuale amministrazione, che si e’ dimostrata più sensibile alle problematiche della reumatologia, ha infatti deciso dì trasformare delle ore dì specialistica ambulatoriale ( dedicate prima a un’altra branca) in 10 ore settimanali reumatologia. Questo sarà un piccolo aiuto nella gestione dei pazienti e scaricherà parzialmente la pressione sulle liste d’attesa.
La strada da fare e’ ancora tanta.
Questi miei primi 12 anni sono stati costellati da momenti dì entusiasmo e da momenti dì delusione.
Ho provato l’inebriane entusiasmo del pioniere perché quando ho iniziato, nel Sulcis, non esisteva una vera e propria cultura reumatologica, ed e’ stato particolarmente bello vedere i colleghi della medicina dì base collaborare nella difficile gestione dei pazienti cronici.
La delusione era cocente quando vedevo che, in un epoca in cui si millanta l’incentivo alla produttività, nonostante il turbinio del mio lavoro e i miei numeri sempre più crescenti, la asl non solo non mi premiava, ma mi abbandonava, mi lasciava sola.
I miei primi 12 anni sono stati difficili ma ho imparato tanto e i miei insegnanti sono stati proprio i miei pazienti.
Loro che hanno come compagne dì vita le difficoltà, che minimizzano il dolore e nonostante tutto riescono a sorridere alla vita.
Loro mi hanno insegnato ad avere coraggio e a non mollare mai.
E’ per questo, e’ per loro… che io spero che per la “ nostra reumatologia ci sa