La vita dei malati reumatici può variare, anche sensibilmente, quando ci sono cambiamenti negli stili di vita e nelle abitudini, ciò può anche modificare l’efficacia di una terapia. Per questo sono nati i registri delle malattie reumatiche autoimmuni, che seguono i malati negli anni, valutando efficacia, eventi avversi, qualità della vita e altri parametri.
In Italia ne esistono tre: Monitor-net, Lorhen (esclusivo della regione Lombardia) e Gisea. Ma è soprattutto da quest’ultimo, che ha ormai 12 anni e segue quasi 6.000 pazienti in tutta Italia, che stanno emergendo dati nuovi, alcuni dei quali già presentati a convegni internazionali, o in corso di pubblicazione. «Una delle indicazioni più interessanti ai fini della terapia riguarda i pazienti obesi, che di solito sono esclusi dalle sperimentazioni cliniche, e sui quali i farmaci biologici sembrano funzionare meno bene» spiega Giovanni Lapadula, direttore Dipartimento di medicina interna del Policlinico di Bari, principale curatore del registro. «Il motivo è che il grasso bruno addominale produce adipochine, che favoriscono l’infiammazione, facendo aumentare complessivamente il rischio di ammalarsi ma
anche riducendo l’efficacia degli antinfiammatori. Il problema esiste anche per i falsi magri, e per migliorare la cura sarebbe quindi opportuno eseguire un test che valuti la presenza nel sangue di adipochine. Si tratterebbe però un approccio nuovo, perché non esiste ancora in commercio un kit che consente di eseguire questo esame di routine». Sul fronte degli effetti collaterali, il registro Gisea rileva un’incidenza elevata di infezioni, che hanno colpito quasi quattro pazienti su dieci. «E tuttavia – precisa Minisola – l’aumento del rischio di malattie infettive si verifica soprattutto nella prima fase della terapia, e può essere limitato con il monitoraggio stretto del paziente». Riguardo all’esito delle cure, poi, «si nota una elevata efficacia dei farmaci biologici nei primi due anni, dopo i quali però la metà dei pazienti non risponde più al trattamento, o inizia a manifestare effetti collaterali» riprende Lapadula. «In questi i casi bisogna cambiare farmaco ed è importante, quindi, che i sistemi sanitari garantiscano sempre un’offerta diversificata». La remissione della malattia è stata invece osservata nel 3,6 per cento dei pazienti.
Un dato del tutto inaspettato riguarda invece coloro che abbandonano la terapia anche quando questa funziona. «Sono moltissimi» dice Lapadula. «Il 30-32 per cento dei pazienti seguiti dal registro Gisea a un certo punto non si è più presentato ai controlli, sebbene gli esami precedenti mostrassero che i farmaci stavano dando buoni risultati. Non sappiamo che fine hanno fatto, ma intendiamo ricontattarli per capire i motivi. Potremmo scoprire che c’è stata una remissione totale della malattia, evento che quindi interesserebbe una quota rilevante dei pazienti, oppure che questi malati hanno abbandonato la cura perché stavano meglio, ma che poi i sintomi si siano ripresentati». Nelle ultime settimane il registro Gisea ha aderito all’iniziativa internazionale Meteor, che mette insieme i registri di cinque Paesi (oltre all’Italia, Olanda, Canada, Germania, Francia) e si focalizzerà principalmente sugli effetti collaterali dei farmaci biologici e sui costi sociali ed economici delle malattie reumatiche. «Rispetto al primo punto, va ricordato che gli effetti avversi particolarmente rari possono essere verificati soltanto su una popolazione molto ampia, come sarà quella del progetto Meteor» conclude Lapadula. «E anche valutare i costi delle malattie reumatiche autoimmuni è importante, per sfatare l’idea che si tratti di acciacchi dovuti all’età. Queste patologie, al contrario, esordiscono di solito attorno ai 40 anni, nel pieno della vita produttiva delle persone, e questo fa aumentare il loro costo sociale ed economico».