Associazione Malattie Autoimmuni e Reumatologiche - ODV

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AREA PATOLOGIE > Sclerosi sistemica

Sclerosi sistemica

A cura della:

Dott.ssa Alessandra Vacca e Prof. Alberto Cauli

Unità Operativa Complessa di Reumatologia, Policlinico di Monserrato, AOU e Università degli Studi di Cagliari

Indice dei Contenuti

Definizione

La sclerosi sistemica (SSc) è una malattia sistemica autoimmune caratterizzata dalla presenza di: vasculopatia, attivazione del sistema immunitario e fibrosi tissutale. Tutte queste anomalie sono presenti fin dalle primissime fasi della malattia, ma possono essere variabilmente evidenti nei diversi pazienti. Le manifestazioni cliniche della patologia sono espressione della sofferenza del microcircolo e dalla sostituzione dei tessuti presenti fisiologicamente con tessuto fibrotico. L’epidemiologia della malattia non è nota essendo una patologia rara e di difficile diagnosi. Si stima comunque che la prevalenza possa essere di 1500/milione e l’incidenza di 20/milione/anno. La malattia colpisce con maggior prevalenza il sesso femminile tra i 40-60 anni, tuttavia qualsiasi fascia di età può essere colpita dalla malattia. Non si dispone attualmente di dati definitivi riguardo l’importanza di fattori genetici anche se la familiarità per malattie autoimmuni e l’esposizione a fattori ambientali (in particolare agenti tossici e virus) possono rappresentare fattori predisponenti e scatenanti.

I sintomi

La SSc è una malattia complessa, progressiva, multiorgano. Il Fenomeno di Raynaud costituisce la manifestazione clinica più frequente, espressione della disfunzione endoteliale che è alla base della SSc. Tale fenomeno è caratterizzato dal cambiamento del colore delle dita delle mani e di tutte le zone esposte (piedi, naso, orecchio ad esempio) in presenza di sbalzi di temperatura o di forti emozioni. Le dita delle mani e dei piedi diventano prima pallide e poi viola provocando formicolio intenso e dolore. Questo cambiamento di colore è causato da una riduzione del flusso di sangue alle estremità del corpo, può durare da qualche secondo a qualche minuto e si può ripetere più volte di seguito.

L’indurimento della cute (fibrosi cutanea) è il segno più tipico della malattia. In rapporto all’estensione della fibrosi cutanea la malattia viene classificata in differenti sottotipi: 1) forma diffusa: la fibrosi può interessare la cute di tutto il corpo. Questa forma si può associare, anche se non esclusivamente, ad un maggiore coinvolgimento cardio-polmonare; 2) forma limitata: la fibrosi cutanea interessa il viso e le porzioni più distali degli arti; 3) forma senza interessamento cutaneo (sine scleroderma): la fibrosi cutanea è assente, ma sono possono essere presenti i sintomi a carico degli altri organi; 4) forma precoce (early): per forma precoce si intende la presenza di fenomeno di Raynaud associato ad anticorpi tipici della malattia e alla presenza di una capillaroscopia con chiari segni di danno del microcircolo.

Le ulcere cutanee sono complicanze comuni. Si tratta di lesioni necrotiche localizzate, spesso dolorose e invalidanti, a livello della porzione distale delle dita (polpastrelli) e sulle zone di cute sovrastante a prominenze ossee. Esse sono legate all’ischemia nel caso delle ulcere digitali e ai continui traumatismi nel caso delle ulcere cutanee presenti sulle prominenze ossee.

I fenomeni di vasospasmo sono stati descritti non solo a livello della cute ma anche a livello dei circoli viscerali. Il cronico susseguirsi dei suddetti fenomeni è responsabile del progressivo e irreversibile rimodellamento della parete dei vasi sanguigni con conseguenti fenomeni ischemici responsabili del danno d’organo, in particolare a carico di cuore-polmoni, apparato gastro-enterico e reni. Il coinvolgimento cardio-polmonare è frequente in corso di SSc, in particolare le anomalie del sistema elettrico cardiaco, la fibrosi polmonare e l’ipertensione arteriosa polmonare costituiscono a tutt’oggi le principali complicanze e cause di morte del paziente sclerodermico. Le manifestazioni a carico del tubo digerente si collocano per frequenza subito dopo l’impegno cutaneo. Le manifestazioni cliniche più secondarie all’impegno esofageo sono la disfagia e il reflusso gastro-esofageo; può inoltre essere interessato anche l’intestino con ipomotilità e conseguente stipsi.

La caratteristica più pericolosa del coinvolgimento renale in corso di SSc è la crisi renale sclerodermica che consiste in un deterioramento rapido e progressivo della funzione renale.

Gli esami che servono per fare la diagnosi

Il decorso della malattia e gli effetti sull’organismo del paziente sono molto variabili in funzione delle caratteristiche della malattia e sono diversi da paziente a paziente ed in generale si possono distinguere diversi percorsi evolutivi.

La diagnosi di SSc può essere posta nelle diverse fasi di malattia ed è possibile così riconoscere:

  • Una forma precoce e paucisintomatica di sclerodermia (tipo precoce, o, secondo la definizione anglosassone ed i criteri utilizzati, early systemic sclerosis  o very early diagnosis of systemic sclerosis [VEDOSS]).
  • Una forma definitiva di sclerodermia ove non siano ancora evidenti le manifestazioni fibrotiche della malattia (SSc  definitiva).
  • Una forma più avanzata ove sono evidenti le manifestazioni cutanee di malattia (SSc definitiva con interessamento cutaneo di tipo limitato e diffuso).

Il compito del medico di medicina generale è inizialmente quello di inviare allo specialista di riferimento ogni caso di fenomeno di Raynaud isolato e/o con manifestazioni sospette per una forma iniziale di SSc come edema digitale, teleangectasie, artralgie e/o artriti, disfagia o con manifestazioni tipiche della SSc come la fibrosi cutanea, le ulcere digitali la dispnea. Secondo le ultime evidenze è necessaria l’esecuzione di esami mirati (capillaroscopia periunguelale e doaggio di anticorpi specifici-ANA) in tutti i pazienti affetti da fenomeno di Raynaud, per effettuare il più precocemente possibile la diagnosi di SSc. Un altro utile esame di screening sono le prove di funzionalità respiratoria e diffusione alveolo-capillare (DLCO) a verifica della corretta funzione dei polmoni insieme a una TAC ad alta risoluzione del torace. Sarà inoltre indispensabile monitorare la funzionalità cardiaca attraverso l’ecocolor-dopplergrafia cardiaca standard e con tissue-doppler imaging, così come la funzionalità dell’esofago attraverso l’RX esofago.

Come si manifesta?

L’osteoporosi può essere paragonata a un ladro che furtivamente ruba tessuto osseo. Nell’organismo c’è un continuo ricambio del tessuto osseo da cui il calcio viene costantemente aggiunto e rimosso, in un equilibrio naturale. Quando però l’equilibrio tra il processo di costruzione e demolizione si rompe, densità e spessore delle ossa diminuiscono lentamente dando origine a osteoporosi ed esponendo lo scheletro a rischio di fratture. All’inizio si verificano piccoli schiacciamenti vertebrali che possono provocare dolore. Il dolore può essere presente, più specificatamente nel tratto dorsale e lombare della colonna vertebrale. Si presenta come una fastidiosa e continua dolenzia che può accentuarsi quando ci si alza da posizione seduta. In uno stato più avanzato c’è il rischio di riportare gravi fratture in particolari punti scheletrici quali il femore e il polso.

Un osso osteoporotico è un osso fragile e poco resistente e quasi sempre la prima manifestazione è proprio una frattura spontanea, cioè non dovuta a un forte trauma.

La frattura del femore colpisce inaspettatamente ed è uno dei più gravi e drammatici effetti dell’osteoporosi.

Le conseguenze possono essere devastanti:

  • nel 15% dei casi la frattura del femore causa la morte del paziente per complicanze conseguenti alla frattura (insufficienza respiratoria, scompensi cardiaci, trombo embolia)
  • nel 50% dei casi il paziente mantiene una disabilità motoria.

Solo in Italia, a causa dell’osteoporosi ogni anno si fratturano al femore in media 70.000 donne.
Ciò che preoccupa maggiormente è che con il progressivo invecchiamento della popolazione si avrà un aumento drammatico delle fratture femorali.

I diversi trattamenti terapeutici.

La terapia medica deve tener conto dell’eterogeneità delle manifestazioni cliniche, come pure della gravità e progressione delle stesse, e si avvale di farmaci attivi sulle manifestazioni principali della malattia, ossia danno vascolare, alterazioni immunologiche e fibrosi, con l’obiettivo di controllare i sintomi e rallentare la progressione della malattia. Negli ultimi anni sono in corso diverse sperimentazioni con farmaci sia antifibrotici che biotecnologici che si stanno dimostrando efficaci nel rallentamento o almeno stabilizzazione della progressione della malattia.

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