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Artrite psoriasica. Il 60% dei pazienti ha anche problemi cardiaci

Secondo uno studio condotto dall’Università di Hong Kong, i pazienti con artrite psoriasica sono anche esposti a un rischio elevato di problemi cardiaci. In particolare possono presentare una prevalenza di aterosclerosi coronarica tre o quattro volte più elevata rispetto alla popolazione generale.

Secondo la National Psoriasis Foundation, circa il 30% dei pazienti con psoriasi tende a sviluppare anche un’artrite infiammatoria, che può causare danni permanenti alle articolazioni e aterosclerosi, condizione che può predisporre allo sviluppo di malattie cardiovascolari. Partendo da queste premesse, Lai-Shan Tam della Chinese University of Hong Konge e colleghi hanno valutato l’aterosclerosi coronarica mediante angiografia coronarica TC in 90 pazienti con artrite psoriasica e 205 pazienti senza artrite psoriasica, ma con fattori di rischio cardiovascolare.Si è così evidenziato che i pazienti affetti da artrite psoriasica, che non avevano ricevuto una diagnosi precedente di cardiopatia, mostravano una quantità significativamente più elevata di avere placche aterosclerotiche di tutti i tipi, tra cui placche non calcificate e miste, considerate quelle con la maggiore probabilità di rottura e con conseguenti attacchi cardiaci. In particolare si è visto che il 60% dei pazienti affetti da artrite psoriasica aveva almeno una placca coronarica, rispetto al 35% degli altri pazienti. Inoltre, i ricercatori hanno scoperto la malattia dei tre vasi coronarici nel 13% dei pazienti affetti da artrite psoriasica, rispetto al 3% dei controlli, e che i vasi sanguigni si erano ridotti di oltre il 50% nel 9% dei pazienti con artrite psoriasica, rispetto al 3% dei controlli.Le persone di sesso maschile oltre i 55 anni, sofferenti di artrite psoriasica da lungo tempo, avevano maggiori probabilità di avere placche più comunemente associate con problemi cardiaci. E ancora, rispetto alla popolazione generale, i soggetti con artrite psoriasica avevano un rischio del 68% più elevato di infarto e un rischio di morte più elevato del 43% rispetto agli studi precedenti.

 

Fonte:quotidiano sanità.

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